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Lotta di classe e lotta anticoloniale in Palestina

di Jacques Bonhomme

1. Dal presente al passato: vecchie storie da non dimenticare

Quando sono in corso rivoluzioni o guerre civili, le svolte diplomatiche più sorprendenti possono essere una “continuazione della lotta rivoluzionaria con altri mezzi” – per parafrasare il celebre detto dell’altrettanto celebre generale prussiano -, e così è stato a Brest-Litovsk, nel 1918, o in Cina, tra i comunisti e il Kuomintang, nel 1937, di fronte all’invasione giapponese. Ma quando, come appare prepotentemente nel caso della Palestina, una Rivoluzione scaturisce da una Resistenza anticoloniale lunga e sofferta, costellata di offensive e di repressioni spietate, certe svolte diplomatiche tendono ad aprire, e a esasperare, un dualismo fra due livelli, e di conseguenza fra due forme, della lotta: l’articolazione delle alleanze e l’articolazione degli obiettivi. L’apparente complementarità di queste due forme e di questi due livelli della lotta non deve, però, ingannare, poiché le alleanze e gli obiettivi non si accordano mai spontaneamente e soprattutto – a causa della contraddizione che li oppone – non si accordano mai stabilmente. In alcune circostanze le alleanze e gli obiettivi si divaricano ampiamente.

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La Resistenza palestinese e i movimenti antimperialisti 

di Jacques Bonhomme

1. Perché la Palestina resiste

Perché la Palestina resiste? È questa la domanda che, riemersa da un vecchio titolo, si fa strada in molti di noi. Il vecchio titolo, giova ritornarci, era quello di un piccolo volumetto sulla lunga e travagliata storia anticoloniale del popolo vietnamita, scritto da Jean Chesneaux. La stessa domanda dopo sessant’anni, con altri luoghi e un altro popolo, con un popolo, quello palestinese, che già allora si specchiava in quello vietnamita, come del resto in quelli dell’Africa e dell’America latina; la stessa domanda, certo, ma con un mondo dove le restaurazioni sembrano subentrate alle rivoluzioni che allora scuotevano e percuotevano la catena imperialistica mondiale e che nella moltiplicazione dei Vietnam avevano la loro metaforica parola d’ordine. Ed è una domanda, inoltre, che avvicina i mondi complementari delle masse metropolitane dell’Occidente, disarmate dalla scomposizione tecnologica dei luoghi dell’unità di classe, e dei popoli delle periferie coloniali, anch’essi derubati dei progetti di liberazione del secolo scorso, di quei progetti che, dapprima, furono interrotti e soffocati da una controrivoluzione imperialistica mondiale e che, successivamente, o a volte contemporaneamente, vennero disarticolati dal neocolonialismo.

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Riflessioni sulla Palestina

di Collettivo MillePiani Arezzo

1. Resistenza e Rivoluzione in Palestina

Il genocidio che lo Stato neocoloniale israeliano sta perpetrando sui palestinesi di Gaza e della Cisgiordania, un genocidio che strazia le sue vittime con tutta la sproporzione tecnica dei suoi mezzi offensivi, a cominciare dal calcolato piano generale – amministrativo, militare ed etnico – inflessibilmente seguito, si scontra tuttavia con un ostacolo, poiché viene contrastato, e quindi indebolito, nella sua furia genocida, dalla irriducibile Resistenza di mobilissime formazioni di fedayyin, che spuntano improvvise e che scompaiono prontamente in quelle distese di macerie che una volta erano gli edifici di Gaza. Il genocidio sta dentro una guerra implacabile: una guerra di sterminio, da una parte; una guerra di liberazione dall’altra. Questo è il senso storico e politico di quanto sta avvenendo in Palestina, dal quale non si può assolutamente prescindere, in un’azione di massa che miri a dare forza e valore all’espressione “Palestina libera”, gridata in tutte le piazze. Infatti, se non si appoggia, se non si rende visibile, se non si dà un volto politico alla “lotta di liberazione armata” del popolo palestinese, la parola d’ordine “Palestina libera” diviene semplice coreografia. Occorre pertanto rendere netto e inconfondibile il profilo della lotta di liberazione armata dei palestinesi e, contemporaneamente, occorre adoperarsi con tutte le nostre forze per conquistare le masse popolari occidentali a un deciso e completo “riconoscimento” di questa guerra popolare di liberazione. Come per la Repubblica spagnola, aggredita nel ’36 dall’imperialismo nazifascista, e per il Vietnam bombardato con il Napalm dall’imperialismo statunitense negli anni Sessanta, una mobilitazione internazionalista sostenne il peso di una lotta comune, così oggi, di fronte alla “soluzione finale” avanzante a Gaza con gli aerei e i blindati israeliani, diventano urgenti le idee e le parole d’ordine internazionaliste per sostenere fino in fondo e senza perifrasi la Resistenza palestinese.