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Le Parole e le Cose

Frammenti anti-sviluppisti

di Tom Joad

“Lo stato non è qualcosa di fisico che può essere distrutto da una rivoluzione, ma una condizione, una certa forma di rapporto sociale tra gli esseri umani, un modello di comportamento umano; lo distruggiamo adottando altre forme di rapporto, comportandoci in modo diverso”. – Gustav Landauer

L’anti-sviluppismo non è una nuova ideologia o una teoria sociologica. È una riflessione critica al concetto borghese di progresso e la lotta contro il capitalismo in difesa del territorio è la sua caratteristica principale. Riflessioni che si trovano in Mumford, Bookchin, Illich, Ellul, Polanyi, sedimentate con Anders, Klunstler, Kaczynski o Arendt. È però la pratica di questa riflessione critica a permetterci di tracciare linee di fuga.

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Azioni Partigiane

Fascismi e biopotere: un’allegoria

di Baldassarre Caporali

“Se mi accusano di aver rubato le torri di Notre-Dame, non mi resta che abbandonare la Francia”. Ecco una piccola frase spiritosa e crudele, lontana da noi nel luogo e nel tempo, una battuta che malgrado la distanza ci ricade addosso irresistibile. E’ stata messa in circolazione da Anatole France ed è molto probabile che con essa lo scrittore volesse esorcizzare, in un solo affondo, il giornalismo antisemita e nazionalista e la burocrazia statale e militare della Terza Repubblica, in una situazione in cui l’affare Dreyfus faceva balenare in anticipo un segno prepotente della propaganda totalitaria dei fascismi europei: l’inverosimiglianza delle accuse, l’enormità iperbolica delle infamie scaricate sulle vittime. Ma insieme a tutto ciò, quale rovescio salvifico della marchiatura delle vittime, apparve, di lì a poco, l’apoteosi del capo, nella quale l’irrealtà delle parole ripetute dagli altoparlanti proseguiva il suo corso, scambiando l’orrore in idillio, ritoccando le violenze con i tratti della vignetta edificante. Brecht ha azzeccato l’analogia inventando, per il Führer tedesco, l’immagine dell’imbianchino.