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Disfattismo Rivoluzionario

Niente di nuovo sul fronte orientale

di RotPeter

Utilizzerò un’espressione di uso comune per dare l’idea della sensazione che prevale in questi giorni tristi: pare di esser passati dalla padella alla brace. Mentre le scosse telluriche della crisi pandemica danno cenni di assestamento ecco che un nuovo scenario apocalittico si prende la briga di far tremare la terra. L’emergenza prosegue ad libitum, la promessa di un ritorno alla “normalità” (quale normalità?!) è costantemente posticipata. Emergenza a vita in funzione dell’indebitamento a vita. E così, senza soluzione di continuità, abbiamo una guerra come prosecuzione della pandemia, i mezzi però sono più o meno gli stessi. 

“La verità ha la struttura di una finzione” diceva Lacan. La lezione è stata ben recepita dall’apparato terroristico più efficace e spregiudicato che prende parte al massacro globale, quello mediatico. La cronaca di guerra si confonde con quella sportiva, culinaria o cinematografica. La narrazione dominante ha un approccio empatico, introduce nel quotidiano personaggi-simbolo, è infarcita di luoghi comuni e possiede un’incredibile capacità di costruire categorie e forgiare coscienze. Sullo sfondo agenti patogeni e proiettili, nemici interni ed esterni, paranoia e schizofrenia: il capitale si riproduce microfisicamente alimentando la sua dimensione macro, e viceversa. Stiamo assistendo ad un’appropriazione spettacolare che si insinua e costruisce e procede nel molare per il molecolare. 

Insisto sulla costruzione mediatica del mondo. Si parla ovunque di NATO, armamenti nucleari, democrazia e barbarie, nazismo. Il dibattito maggiore risveglia una logica dei blocchi con connotazioni del tutto nuove, le manifestazioni di solidarietà per le vittime di Questa Guerra si moltiplicano, la normalizzazione delle condizioni “di controllo” imposte dalla pandemia avviene con terrificante naturalezza, semplicemente perchè adesso c’è qualcosa di più grave che ci minaccia. Ritorna allora un vecchio tema: l’accettazione della guerra per la pace. Il movente sempre lo stesso, SICUREZZA. Pare che regalare armi sia il modo più efficace per scongiurare l’allargarsi del conflitto. 

L’apparato mediatico ha la straordinaria capacità di assumere posizioni tanto distanti quanto uguali, tanto radicali quanto depotenzianti per ogni contro-discorso minore. Non è sufficiente ribaltare questa narrazione dominante, dobbiamo decostruirla per demistificarla. Un contro-discorso minore deve ridefinire le categorie fasulle che stanno istruendo gli individui, che ci bombardano. La strategia mediatica non è la narrazione unica ma la fabbricazione del consenso che segue una produzione della notizia sul modello dell’industria culturale di Horkheimer e Adorno. Questa poi si riproduce nei discorsi. Chiunque parla di guerra o di pandemia, la maggior parte ha già il proprio contro-discorso che non è altro se non una cattura ben costruita. 

Dobbiamo elaborare pratiche capaci di contrattaccare chi, seguendo strategie da guerra fredda, ha l’abilità di rispolverare e palesare un’altra guerra fredda. Quale più diabolica dissimulazione. Spaventati siamo più flessibili, alimentati di cultura giornalistica più impotenti. Queste riflessioni, sia chiaro, non hanno lo scopo di sminuire la portata di un conflitto bellico in atto. L’attacco va dritto contro la Narrazione dei maghi dello storytelling.