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Disfattismo Rivoluzionario

Madre Coraggio e i suoi figli – MUTTER COURAGE UND IHRE KINDER

di Rosa Rossa

Cronache della Guerra dei Trent’anni

B. Brecht (1938-39)

Fantasticheria: nei teatri e anche nelle piazze d’Italia e d’Europa, nello stesso giorno, viene messo in scena il capolavoro di B. Brecht Madre Coraggio e i suoi figli – Mére courage et ses enfantes – Mutter Courage und ihrekinder – Coraje de madre y sus hijos – Mother Courage and Her Children – Moder Mod Och Hennes Barn – Odwaga Matki i Jej Dzieci – Curajul Mamei și Copiii EiМамаша Кураж и её дети – Μάνα Κουράγιο και τα παιδιά της…

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Invece devo accontentarmi di prelevare dalla libreria quell’ormai ingiallito ma, proprio per questo, ancor più mitico BERTOLT BRECHT TEATRO, Giulio Einaudi Editore, 1978. Sì, proprio quello a cura di Emilio Castellani; proprio quei tre volumi raccolti in un cofanetto, dalle pareti del quale il volto sornione e scanzonato di B. B. con il suo sguardo pungente e insieme divertito, sembrano invitare ad una sfida. Il volume è il II. 

Preceduta da Terrore e miseria del Terzo Reich e I fucili di Madre Carrar , seguita da L’interrogatorio di Lucullo e Vita di Galileo, Madre Courage e i suoi figli torna a me come allora, ossia come un capolavoro impareggiabile, un esempio di quel teatro epico che Brecht aveva ideato e perseguito, per contrapporlo al teatro drammatico borghese. Teatro epico e dunque eminentemente politico.

Brecht, in esilio per sfuggire al nazismo, scrive quando la seconda guerra mondiale bussa ormai alle porte. Già ne presente il rullo dei tamburi, il rombo dei cannoni, il passo di militareschi stivali, e scrive – ancora una volta – contro la guerra. 

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La guerra dei Trent’anni è cominciata da sei anni. Brecht fa iniziare la storia a Dalarne in Svezia nel 1624 e la conclude nel 1636, nei pressi della città di Halle. 

Anna Fierling viene chiamata Courage per il coraggio – in realtà si tratta di interessata improntitudine – con cui affronta la guerra e gli armati. E’ una vivandiera che tallona gli eserciti, tappa dopo tappa, portandosi appresso i suoi tre figli, nati da tre padri diversi, Eilif e Schweizerkas i due maschi, Kattrin la femmina, che è muta; con il loro aiuto trascina il suo carro carico di vivande e merce varia. Per lei la guerra significa affari, i soldati – ripete più volte – sono gli unici ad avere il soldo mentre tutti gli altri vivono nella miseria, muoiono ammazzati ma, soprattutto, per stenti e per fame. Dunque sono gli eserciti i suoi migliori e soli clienti e lei li insegue. Pronta ad ammainare la bandiera protestante per quella cattolica e viceversa, ciò che teme e maledice è la pace. Con i suoi intrallazzi spera di poter salvare i suoi amati figli. Lì perderà tutti e tre. Solo allora, quando se ne andrà, sola, portando nel suo carretto, ormai quasi vuoto e traballante, il cadavere della figlia, ultima ad essere uccisa, Madre Courage maledirà la guerra.

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Teatro epico è dunque – ripetiamolo – eminentemente politico.

La protagonista non ha coscienza del suo essere vittima tra le vittime, di come i suoi affari siano rotelle che lubrificano quel cinico predatorio ingranaggio che è la guerra, né comprende di essere lei stessa la corresponsabile della morte dei suoi figli. Chi deve comprendere – e via via comprenderà – è lo spettatore. Grazie ad una messa in scena disalienante (scritte, cartelli, inserti musicali – straordinarie le canzoni, un esempio per tutte La canzone della donna e del soldato), grazie alla recitazione antisentimentale, anche le scene più strazianti (come la morte di Kattrin, la figlia di Anna, che, salita sul tetto di una casa di campagna, batte e batte e batte sul suo tamburo per avvertire gli abitanti della città dell’arrivo del nemico e lì verrà uccisa) non annebbiano la mente del pubblico, anzi, la rendono più cosciente di cosa sia la guerra per “chi sta in basso”. 

Sappiamo che l’epos cui B. B. guarda è quello del suo tempo, della sua propria contemporaneità. Questa – la contemporaneità – viene riscoperta in un reiterato accadere storico. Infatti, sebbene in epoche e latitudini diverse, vengono portati sulla scena situazioni e luoghi  che, pur nella diversità delle vicende e, ovviamente, dei personaggi, riconducono ogni volta lo spettatore (e il lettore)  nel proprio tempo, facendolo riflettere, in una giustapposizione critica, solidale e straniata ai personaggi, sulle astuzie dell’oppressione, dello sfruttamento e delle guerre delle vecchie e nuove borghesie,  ma inducendolo anche a riconoscere le ingenuità, le cecità, la malafede e a prendere nuova coscienza del proprio tempo, della sua storia presente, del proprio posto in questa storia e della possibilità di rovesciarla.